Combattere la violenza di genere capitalista con il femminismo socialista internazionale
Scritto da Giulia Rossetti, attivista della campagna ROSA
Quanti di noi si sentono ispirati dallo sviluppo della lotta in Iran dopo l’assassinio della giovane Zhina (Masha) Amini? Jin, Jiyan, Azadi! Donna, vita, libertà! Questo 25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione della violenza di genere, impariamo da questa rivoluzione femminista per costruire la nostra resistenza!
Negli Stati Uniti c’è stato un passo indietro storico per quanto riguarda il diritto all’aborto che apre le porte a un’offensiva reazionaria a livello mondiale. Ciò illustra come ogni conquista sociale sia vulnerabile nel sistema capitalista. Lo sfruttamento e l’oppressione, compresa quella di genere, sono al centro del suo DNA. Dobbiamo organizzarci per difendere i diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+ sotto attacco in tutto il mondo.
La reazione imperversa
In Italia il nuovo governo di estrema destra minaccia apertamente i diritti civili e sociali conquistati nel corso delle lotte femministe, studentesche e sindacali del secolo scorso. Allo stesso tempo il PD, i 5 stelle e i suoi alleati strumentalizzano i diritti civili per sviare i movimenti sociali. Nei fatti difendono delle politiche anti-sociali che non fanno altro che creare un terreno fertile per la precarietà, le discriminazioni e le violenze.
Il diritto all’aborto, conquistato più di 40 anni fa, è reso impraticabile in molte regioni dall’obiezione di coscienza, ma anche della mancanza di risorse e strutture mediche adeguate. La sanità pubblica collassa sotto il peso di decenni di politiche d’austerità neoliberiste. Le problematiche legate alla salute delle donne e delle persone LGTBQIA+ sono considerate di secondarie o addirittura ignorate completamente.
Questo riflette una crisi profonda e strutturale. I tagli e la mancanza di personale sono oggi la norma in quasi tutti i servizi pubblici essenziali come la sanità, l’educazione e i servizi sociali. A pagarne il prezzo sono in primo luogo le persone marginalizzate e oppresse, come le donne, le persone LGBTQIA+ e migranti, per cui tali aiuti possono essere vitali. Questo ci rende più vulnerabili a situazioni di sfruttamento e abuso senza alcun mezzo di sostegno, all’infuori del nucleo familiare o del focolare domestico.
Precarietà e violenze
Tuttavia, è noto che la dipendenza economica dal coniuge o dalla famiglia è un ostacolo per uscire da situazioni di violenza domestica. Poiché la povertà è maggiore tra le donne (che sono sovra-rappresentate nei settori a basso salario e nel lavoro part-time), fuggire da una situazione di violenza, a volte con i bambini, è una sfida particolarmente complicata. L’80,5% delle donne uccise è vittima di una persona che conosce e nel 43,9% le mani omicide sono quelle del partner.
La crisi inflazionistica e quella pandemica hanno solo reso le cose più difficili. Le richieste di aiuti alimentari per le famiglie monoparentali sono quintuplicate, gli affitti sono sempre più cari, i salari restano indecentemente bassi. La nuova generazione sprofonda sempre di più nella precarietà e acquisire un’indipendenza economica è sempre più difficile. Questa crisi si riflette anche sui femminicidi, che aumentano di anno in anno. Oggi in Italia hanno una frequenza media di uno ogni tre giorni.
Nel nostro Paese solo una donna su due lavora. C’è un divario nella retribuzione e nella presenza sul mercato del lavoro ancora molto ampio. Inoltre la maggior parte delle dimissioni volontarie sono costituite da donne per cause familiari: principalmente la cura degli infanti o degli anziani. La mancanza di strutture come asili nido, case di riposo decenti, doposcuola accessibili, fa sì che il lavoro di cura ricada principalmente sulle spalle delle donne lavoratrici. Così ci si ritrova a far fronte o una doppia giornata di lavoro, o a dover lasciare il proprio impiego per isolarsi nell’ambiente domestico.
Non c’è capitalismo senza sessismo
I femminicidi sono una delle espressioni più estreme di un sistema che si nutre dell’oppressione delle donne e delle minoranze di genere. Molestie sui luoghi di lavoro, nelle strade e nelle scuole, aggressioni sessuali, attacchi LGBTQIA+ofobi, tratta di esseri umani e prostituzione forzata… queste sono le tante facce della violenza di genere in Italia e nel mondo. Il sessismo imperversa al servizio del grande capitale, fomentando la divisione e l’odio tra lavoratori e lavoratrici che avrebbero invece ben più interesse a lottare insieme.
Il capitalismo fomenta la divisione per mantenere il controllo sulla società. Per questo l’unità fra tutte le persone sfruttate e oppresse è fondamentale per ottenere delle reali vittorie. Porre fine al sessismo e alle altre forme di oppressione è possibile, ma dobbiamo organizzarci contro tutto il sistema. Dobbiamo lottare per ogni riforma e per ogni concessione che possa migliorare le nostre condizioni materiali, dai diritti civili e legali fino alle riforme delle pensioni, l’istituzione di un salario minimo adeguato e il rifinanziamento pubblico dei servizi essenziali.
Non ci è mai stato regalato nulla, è stato grazie alle lotte che abbiamo conquistato i nostri diritti. Le conquiste del movimento femminista sono le conquiste di tutta la classe lavoratrice. E questo è vero per tutte le comunità oppresse dal sistema capitalista. Se vogliamo lottare per un altro tipo di società allora dobbiamo dare il giusto peso alla lotta contro tutte le forme di oppressione. Lo spiegava bene la rivoluzionaria russa Inessa Armand: “Se la liberazione delle donne è impensabile senza il comunismo, allora il comunismo è impensabile senza la liberazione delle donne “