Mauro Espinola, Alternativa Socialista (ASI in Messico)
Il 7 dicembre, dopo aver tentato di sciogliere il Congresso e aver decretato un governo straordinario, il presidente del Perù, Pedro Castillo, è stato rimosso dal suo incarico. L’oligarchia peruviana, con il pretesto delle manovre parlamentari di Castillo, cerca ancora una volta di far deragliare il governo eletto da milioni di lavoratori e “campesinos” peruviani.
Profonda crisi politica
Il colpo di stato parlamentare contro Castillo è avvenuto dopo numerosi tentativi della destra e dell’oligarchia peruviana di rimuovere l’ex insegnante e sindacalista dal suo incarico negli scorsi mesi. L’accusa di corruzione ha fatto sì che l’amministrazione di Castillo diventasse una porta girevole attraverso la quale sono passati tre gabinetti negli ultimi mesi. Questo dimostra di per sé la profonda crisi politica che il Perù sta attraversando a causa delle pressioni della destra e dell’oligarchia sul governo di Castillo.
La destra sfrutta le turbolenze economiche
A marzo, contro la guerra in Ucraina e la crisi che ha portato con sé in tutto il mondo, centinaia di lavoratori si sono mobilitati in Perù contro l’inflazione e la crisi vista la mancanza di politiche governative coerenti, nonostante le promesse di Castillo in campagna elettorale con il suo slogan “mai più poveri in un Paese ricco”.
Era chiaro allora che l’oligarchia peruviana stava riprendendo l’iniziativa, dopo la sconfitta elettorale, con l’intenzione di utilizzare questa crisi per rovesciare il governo Castillo, per limitare le possibili riforme a vantaggio delle masse lavoratrici peruviane e, soprattutto, per il timore che le masse avrebbero spinto per cambiamenti più profondi di quelli proposti dalla timida agenda istituzionale di Castillo.
Fin dall’inizio del governo di Castillo, l’oligarchia non ha nascosto i suoi sforzi golpisti. Al contrario, anche prima del giuramento di Castillo, l’oligarchia e i capitalisti peruviani hanno minacciato di impedirgli di prendere il potere. Solo il timore che le mobilitazioni di sostegno sfuggissero di mano ha convinto la destra a seguire questa strada. Ma cosa è cambiato?
La nuova offensiva dell’oligarchia peruviana, che è riuscita a estromettere Castillo dalla presidenza del Perù, si spiega solo con gli errori e la moderazione commessi dallo stesso Castillo fin dall’inizio del suo mandato. L’esempio più evidente è stato quello delle sue dichiarazioni, una volta eletto, che non avrebbe promosso espropri di terre o di aziende, nonostante questa fosse una delle sue promesse elettorali.
I fallimenti del riformismo nell’era del disordine
Inoltre, la pandemia e la crisi economica hanno fatto sì che milioni di peruviani guardassero a Castillo con crescente scetticismo. La debolezza di Castillo, che ha motivato l’offensiva della destra, è stata la sua politica di gestione del capitalismo oligarchico peruviano e la smobilitazione e disorganizzazione della sua base di sostegno.
Castillo ha rinunciato al programma di sinistra con cui era stato eletto. Di conseguenza, ha perso il sostegno popolare e non è stato in grado di offrire una via d’uscita dalla crisi che soddisfacesse gli interessi della classe operaia e di altri settori oppressi della società peruviana. La destra del Congresso e la classe dirigente ne hanno approfittato.
Ricostruire una sinistra socialista basata sulle lotte della classe operaia e degli oppressi, con un programma socialista che impari dagli errori di Castillo, è il compito che ci attende.
I socialisti e i rivoluzionari si oppongono al colpo di Stato contro Castillo, perché capiamo che questo porterà solo altre tragedie e attacchi degli oligarchi contro la classe operaia e i poveri del Perù. Non riconosciamo al Congresso corrotto l’autorità di giudicare Castillo e chiediamo la sua libertà. Questo non significa in alcun modo una difesa del programma o dei metodi di Castillo, ma al contrario il riconoscimento della necessità di costruire un’alternativa rivoluzionaria per i campesinos e i lavoratori che porti avanti un programma di lotta socialista per il Perù.