Per un’alternativa socialista internazionale alla permacrisi del capitalismo
Dichiarazione internazionale di ASI in occasione della giornata internazionale di lotta per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici
La classe lavoratrice è tornata. Dal Primo Maggio del 2022, c’è stata un’importante ripresa dell’attività del movimento operaio multietnico, multigenere e multigenerazionale. Ha partecipato alle lotte in tutto il mondo, scuotendo i regimi dei tiranni, difendendo i settori più oppressi della classe e sfidando i tentativi dei padroni di far ricadere la crisi del carovita sulle nostre spalle. Anche se ci saranno alti e bassi in ogni lotta e non procederà allo stesso ritmo dappertutto e nello stesso momento, questo processo non è un incidente, ma l’inizio di una svolta cruciale e duratura.
Le ondate di scioperi, gli scioperi di massa e persino gli scioperi generali sono stati elementi di spicco della situazione in molti Paesi (e dove non è ancora così, i lavoratori e i giovani guardano con solidarietà e traggono ispirazione da chi è già in lotta). Il Regno Unito è ancora nel mezzo di un’ondata di scioperi che dura da quasi un anno, con 2,7 milioni di giorni persi per azioni di sciopero tra giugno 2022 e gennaio 2023. Il mese di dicembre che ha visto il maggior numero di giorni persi per sciopero dal 1989.
Nel novembre dello scorso anno, i lavoratori belgi, fortemente sindacalizzati, hanno assistito al loro primo sciopero generale dal 2014. La fine di marzo è stata segnata dal “mega sciopero” in Germania, dove i sindacati Ver.di (settore terziario) e EVG (settore ferroviario e trasporti) hanno indetto un’azione di sciopero congiunta per la prima volta nella storia. Il movimento dello “sciopero generale rinnovabile” contro la riforma pensionistica di Macron e la sua successiva applicazione dittatoriale ha spinto la società francese alla piena rivolta diventando un punto di riferimento per i lavoratori e le lavoratrici di tutto il mondo.
In Svezia, un paese in cui il movimento sindacale è stato ostacolato dai pessimi accordi di “partenariato sociale” stipulati dalla burocrazia con lo Stato e i padroni, si è svolto un piccolo ma importante sciopero selvaggio di tre giorni dei macchinisti dei treni per pendolari, che non potrà che essere una musa del futuro. Gli insegnanti palestinesi, che rappresentano il secondo gruppo più numeroso di dipendenti pubblici dell’Autorità Palestinese nella Cisgiordania occupata e nella striscia di Gaza assediata, sono in sciopero dal 5 febbraio, in lotta per ottenere salari più alti, migliori condizioni di lavoro, indipendenza educativa e democrazia sindacale. Il Sudafrica ha perso 1,6 milioni di giorni di sciopero solo nei primi sei mesi del 2022, con un aumento di trenta volte rispetto allo stesso periodo del 2021.
Popolarità in aumento
L’impennata è stata accompagnata da un mutamento positivo generale delle opinioni sui sindacati in molti Paesi, grazie al passaggio all’azione. Questo dimostra che una guida coraggiosa può mobilitare una parte più ampia della classe lavoratrice. La rinascita del movimento sindacale negli Stati Uniti non è stata segnata solo da fenomeni come lo “Striketober”, ma anche da un’impennata di nuove iniziative sindacali, come quelle di Amazon e Starbucks, e da un indice di gradimento dei sindacati record del 71% tra la popolazione.
In Inghilterra e Galles, il sindacato nazionale dell’istruzione ha registrato un aumento di decine di migliaia di nuovi iscritti durante le ultime due grandi vertenze, tra cui centinaia di membri che si sono iscritti per la prima volta come rappresentanti sul posto di lavoro e delegati sindacali. Il sindacato tedesco Ver.di ha reclutato 65.000 nuovi iscritti solo nei mesi di gennaio e febbraio! E in molti casi ciò è stato determinato da un afflusso di donne e giovani lavoratori. L’impatto di una nuova generazione di lavoratori e lavoratrici che entrano in lotta e diventano leader della lotta di classe avrà un impatto importante sul carattere delle battaglie future e sulla situazione interna dei sindacati stessi.
Questi sono solo alcuni esempi con diverse cause immediate, ma tutti sottolineano alcune verità del momento. Non esiste una “muraglia cinese” tra le molte forme di sofferenza, miseria e oppressione che colpiscono la classe lavoratrice in questa nuova “Era del disordine”. I lavoratori e le lavoratrici si stanno muovendo in una lotta collettiva non solo per questioni economiche, ma anche per molte rivendicazioni politiche e sociali. Queste includono temi che vanno dai diritti democratici alla lotta contro l’oppressione di genere. Inoltre, anche se la causa principale può essere una singola tematica, la natura sovrapposta e interconnessa della “permacrisi” spinge le lotte a diventare molto più ampie in termini di portata e obiettivi. E, cosa forse più importante, queste azioni sono state guidate dalla pressione dal basso, spesso contro la volontà della “leadership” ufficiale delle organizzazioni operaie.
Un movimento rivitalizzato per gli anni ’20
Tuttavia, questi segnali di ripresa arrivano dopo decenni di neoliberismo e dell’impatto corrosivo che ha avuto sul movimento sindacale, intaccando la coscienza e l’organizzazione della classe lavoratrice. Dobbiamo ancora affrontare molti ostacoli. Forze come la burocrazia sindacale – i leader conservatori della maggior parte del movimento operaio mondiale – rappresentano una vera e propria barriera alla lotta, anche se alcune figure sono più aperte alle pressioni di altre. Come scrisse Marx nel 1852: “La tradizione di tutte le generazioni morte pesa come un incubo sul cervello dei vivi” e questo è ciò che rappresentano i burocrati. Molti di loro guardano a un passato, spesso immaginario, in cui una strategia di collaborazione di classe e persino di “partnership” con i datori di lavoro poteva garantire le loro posizioni (e i loro lauti stipendi) e mantenere la pace sociale. Sebbene sia un segno positivo dei tempi che leader sindacali come il segretario generale della RMT, Mick Lynch, godano di uno status di celebrità per aver rimproverato i padroni e i loro portavoce nei media, la retorica militante non può sostituire una strategia radicata nella fonte di forza fondamentale del movimento: la mobilitazione della classe lavoratrice. La mancanza di fiducia nella capacità della nostra classe di cambiare il mondo indebolisce il movimento. Ma la debolezza di questi leader (anche se ben intenzionati) è anche fondamentalmente politica: senza la prospettiva di una trasformazione rivoluzionaria della società verso il socialismo, nell’ora critica cercheranno sempre il modo di smobilitare la lotta a favore di un ritorno a una versione dello status quo.
Ciò significa che i lavoratori devono organizzarsi. Abbiamo bisogno di un programma di lotta da portare avanti nel movimento operaio, rendendolo veramente combattivo e che renda conto democraticamente alla classe lavoratrice, non a una burocrazia privilegiata. Nei sindacati e nelle altre organizzazioni operaie, ciò significa che tutti i funzionari dovrebbero percepire un salario pari a quello di un lavoratore medio e che le loro posizioni dovrebbero essere elette democraticamente e immediatamente revocabili, se necessario. Gli scioperi e le dispute dovrebbero essere controllati dalle più ampie assemblee possibili e dai comitati democratici dei lavoratori coinvolti. L’approccio che si concentra solo sulle condizioni di una piccola parte degli iscritti ai sindacati deve essere abbandonato – il nostro movimento deve essere solidale con l’intera classe lavoratrice: un danno a uno è un danno a tutt*.
La repressione aumenta
Questo monito assume una rinnovata importanza nel momento in cui ci confrontiamo con governi sempre più repressivi e desiderosi di difendere il dominio indebolito del capitale. In Gran Bretagna, Rishi Sunak ha contrastato l’ondata di militanza industriale con una feroce ondata di leggi anti-sindacali. Nonostante la resistenza di massa, Macron ha invocato il detestato articolo 49.3, assumendo poteri dittatoriali per far passare la sua riforma delle pensioni.
I sindacati sudcoreani stanno affrontando un’ondata di leggi antisindacali sulla scia di una mossa senza precedenti del governo per reprimere lo sciopero di 250.000 camionisti alla fine dello scorso anno. Sentendo la pressione della base, la federazione sindacale CGTP in Perù ha indetto uno sciopero generale per chiedere la fine della brutale repressione statale e le dimissioni dell’illegittimo presidente golpista Dina Boluarte. Il presidente eletto della Nigeria, Bola Tinbu, ex governatore dello Stato di Lagos, potrebbe cercare di replicare a livello nazionale ciò che ha fatto a Lagos, trasformando tutta la Nigeria nel suo feudo personale e continuando a sfruttare le masse lavoratrici che stanno affrontando un’incredibile crisi del carovita. Per questo è necessario che il potente movimento sindacale nigeriano si prepari a una seria campagna d’azione.
La classe lavoratrice lascia il segno sugli eventi
Il Perù è uno dei tanti casi in cui la classe lavoratrice ha messo in campo il suo enorme potere in movimenti politici più ampi. In Israele/Palestina è stata la forza della classe lavoratrice organizzata – espressa attraverso uno sciopero generale politico “illegale” alla fine di marzo – a costringere Netanyahu a ritirare temporaneamente i suoi piani per un colpo di stato giudiziario. Sebbene la maggioranza della classe dirigente abbia appoggiato lo sciopero generale, lo ha fatto come ultima risorsa, per fermare l’ulteriore destabilizzazione del capitalismo israeliano da parte di Netanyahu – sullo sfondo di una crisi politica storica che è interconnessa all’aggravarsi della crisi del regime di occupazione.
Ciononostante, le persone in sciopero, sia israeliane che arabo-palestinesi, hanno preso coscienza della loro forza. Sebbene le proteste e gli scioperi israeliani siano stati in gran parte politicamente deviati dalle forze dell’establishment, il cui programma non è fondamentalmente diverso da quello dell’attuale governo di occupazione capitalista, essi rivelano profonde contraddizioni nella società israeliana ed esprimono un senso di stallo e di repulsione nei confronti dell’estrema destra israeliana e delle crisi del capitalismo israeliano, dal carovita all’insicurezza personale. A lungo andare, può aprire le contraddizioni inconciliabili al cuore dello Stato israeliano e della sua barbara macchina da guerra. Quando i lavoratori palestinesi hanno bloccato l’edilizia nello “sciopero della dignità” del 2021, hanno dimostrato la loro forza, dando un’idea del tipo di movimento necessario per la liberazione della Palestina, capace di porre fine all’occupazione e di spazzare via il capitalismo e l’imperialismo nella regione.
L’Hartal (sciopero a oltranza) dello scorso anno in Sri Lanka ha inferto un colpo decisivo dal quale la putrida dinastia Rajapaksa non si è mai ripresa. In Iran, settori chiave dei lavoratori si sono uniti al movimento rivoluzionario contro il regime teocratico, scatenato dall’omicidio di Jina Mahsa Amini. Sebbene mancassero l’organizzazione e la leadership necessarie per radere al suolo la dittatura, la rivolta ha lasciato un impatto duraturo sulla coscienza. Come hanno espresso i lavoratori dello zuccherificio Haft Tappeh in una dichiarazione di solidarietà con le donne in prima linea nella ribellione:
“Questa grande e lodevole rivolta dovrebbe essere collegata allo sciopero dei lavoratori di tutto il Paese. Per liberarci dalla discriminazione e dall’oppressione, per liberarci dalla povertà e dagli stenti, per avere pane e libertà, non lasciamo sole le ragazze del sole e della rivoluzione.
Ragazze del sole e della rivoluzione, il giorno della vittoria tutto il mondo si toglierà il cappello davanti a voi, che avete dato a tutti una lezione di lotta e di resistenza”.
Lotta all’oppressione
Le loro parole riflettono infatti una tendenza globale dei lavoratori e delle lavoratrici ad acquisire fiducia e consapevolezza del nostro potenziale di trasformazione della società. Siamo noi a far girare il mondo; la nostra posizione nella produzione ci conferisce il potere latente di fermarlo. Lo sciopero è quindi la nostra arma più potente, da brandire contro tutti gli orrori del sistema. Le donne della classe lavoratrice, cuore pulsante della rivolta femminista globale, sono giunte a questa conclusione. Gli scioperi femministi invitano i lavoratori di tutti i generi a ritirare il proprio lavoro, sfruttando il peso sociale della nostra classe contro la disuguaglianza e il sessismo.
In questo modo forgiamo l’unità e la coesione necessarie per resistere all’assalto intensificato della classe dominante con la politica del “dividi et impera”. I membri dell’ASI stanno lottando in prima linea affinché il movimento operaio mobiliti le proprie forze nella lotta contro tutte le forme di oppressione. Mentre i conservatori intensificano i loro attacchi ai diritti delle persone trans, fomentando il tipo di violenza che ha portato all’omicidio di Brianna Ghey, i compagni di Alternativa Socialista in diversi sindacati hanno approvato una mozione che invita a “sostenere le proteste e le lotte per difendere ed estendere la riforma del GRA (Legge sul riconoscimento di genere) e per eliminare tutta la violenza transfobica”, tra altre importanti rivendicazioni.
Internazionalismo – antidoto all’imperialismo guerrafondaio
La crescita delle forze reazionarie è uno dei tanti sintomi morbosi di un sistema in decadenza, che ci sta portando verso la catastrofe. La degradazione del clima si accelera e la guerra in Ucraina si inasprisce. Putin giustifica lo spargimento di sangue, gli attacchi alla popolazione civile e alle infrastrutture, l’occupazione e l’annessione di intere regioni con uno sciovinismo bellicoso. Non è il solo. Dagli Stati Uniti alla Cina, tutte le potenze imperialiste hanno inasprito il loro velenoso nazionalismo. In risposta, il nostro movimento deve riscoprire e riaffermare i principi dell’internazionalismo.
I lavoratori e le lavoratrici in Russia hanno molto più in comune con i membri della loro classe in Ucraina che con i guerrafondai del Cremlino. L’imperialismo occidentale e Zelensky perseguono i propri interessi geopolitici in contraddizione con le aspirazioni nazionali e sociali delle masse ucraine che difendono la propria casa, i propri diritti compreso il diritto all’autodeterminazione. Per garantirli, la lotta deve essere organizzata dal basso tra le diverse comunità della classe lavoratrice e deve coagularsi in un movimento internazionale contro la guerra, completamente indipendente da tutti i macellai imperialisti, che tragga la sua forza dalla singolare capacità della nostra classe di spegnere la macchina della guerra.
Fondare di nuovo la società
Sullo sfondo di un sistema in decadenza e convulso dalla crisi, è mai stato così chiaro che i lavoratori e le lavoratrici del mondo intero sono i più adatti a gestire la società? La pandemia ci ha mostrato chi è veramente “essenziale”. E in ogni movimento abbiamo un assaggio del nostro potenziale per “fondare di nuovo la società”, come diceva Marx. Con le loro azioni alla “Robin Hood”, i lavoratori francesi dell’energia hanno fornito elettricità gratuita ai poveri e tagliato fuori i ricchi, offrendoci un piccolo assaggio di un mondo in cui la nostra classe è in sella, pianificando la produzione e l’allocazione delle risorse sulla base del bisogno, non del profitto.
Tuttavia, i lavoratori rimangono mal equipaggiati per affrontare l’élite parassitaria. Nonostante la crescente volontà di intensificare la lotta, l’assenza di una nostra forza politica ci costringe a combattere con un braccio dietro la schiena. Nell’era della permacrisi, anche le vittorie più significative saranno transitorie. Ciò che viene dato con una mano viene preso con l’altra: l’aumento dei prezzi dei generi alimentari si mangia subito gli aumenti salariali, i bonus finiscono nelle tasche dei padroni di casa.
Se vogliamo andare oltre la lotta per la mera sopravvivenza, il movimento operaio deve riarmarsi e fornire gli strumenti necessari per rafforzare e ampliare la nostra lotta. Ciò richiede che ci organizziamo politicamente, creando nuove organizzazioni che possano unire e combinare tutti i movimenti che emergono in risposta all’infinita miseria che il capitalismo continua a generare.
Negli ultimi anni, le lotte di massa in tutto il mondo hanno dato vita a forme embrionali di auto-organizzazione: i comitati di resistenza in Sudan, i cabildos in Cile, le assemblee di quartiere in Colombia e i consigli giovanili rivoluzionari in Iran. Queste forme mostrano ciò che è possibile fare. Ma devono essere cementate in partiti di massa della classe lavoratrice, autenticamente democratici, che lottino indipendentemente per i nostri interessi, separati e contro i partiti e i politici capitalisti; organizzazioni politiche che collettivizzino l’esperienza della nostra classe, permettendoci di discutere la strategia e la tattica, il programma e le rivendicazioni del movimento.
L’ASI invia i suoi saluti fraterni del Primo Maggio ai lavoratori e alle lavoratrici di tutto il mondo ed estende la solidarietà a tutti coloro che sono in lotta. Voi rinnovate la nostra fiducia nel fatto che la classe lavoratrice può trasformare la società! Altrimenti ci aspettano barbarie e catastrofi. Tuttavia, togliendo le principali leve dell’economia dalle mani degli inquinatori, dei signori della guerra e dei profittatori, i lavoratori e le lavoratrici possono tracciare un percorso alternativo. Un piano di produzione socialista democratico potrebbe gettare le basi per una società che non solo garantisca la nostra sopravvivenza, ma anche il nostro benessere – che ci dia il pane, ma anche le rose – e che liberi il pieno potenziale creativo dell’umanità.