Il Pride è una protesta

Per un movimento di liberazione queer combattivo contro il capitalismo e l’estrema destra

La lotta delle persone LGBTQIA+ per il diritto a una vita dignitosa e libera dall’oppressione è oggi un tema centrale del dibattito politico. Da un lato, in molti paesi è stata ottenuta la parità giuridica e le discriminazioni sono sempre più spesso denunciate. Dall’altro, la LGBTQIA+fobia è sempre più diffusa e, secondo i dati riportati dall’ILGA, la violenza contro i membri della comunità è ai livelli più alti dell’ultimo decennio. Ciò è il diretto risultato dei discorsi di odio e delle politiche discriminatorie promosse dalle forze reazionarie dell’estrema destra italiana e internazionale, che diffondono liberamente la LGBTQIA+fobia  e hanno fatto della transfobia uno dei loro cavalli di battaglia. Gli ostacoli posti dalla destra al potere all’organizzazione dei Pride in varie città italiane, inclusa Roma, rappresentano un attacco significativo alla capacità della comunità queer di organizzarsi in difesa dei loro diritti.

L’estrema destra all’offensiva

Dal disegno di legge “Don’t say gay” in Florida all’istituzione delle “zone libere da LGBT” in Polonia, le destre conservatrici si impegnano per minare le conquiste parziali ottenute da decenni di lotte LGBTQIA+. Nel Regno Unito, i conservatori hanno concentrato i loro attachi contro le persone trans, spesso le più marginalizzate in seno alla comunità queer, fomentando un clima di violenza che, tra l’altro, ha portato all’omicidio della sedicenne Brianna Ghey. In Russia, Putin ha utilizzato la difesa dei “valori tradizionali” come pretesto per l’invasione dell’Ucraina e per rinforzare la repressione interna, con l’estensione della legge contro la “propaganda gay”. L’Italia in tutto questo è al 34esimo posto (su 49) in Europa per il rispetto dei diritti LGBTQIA+, persino dietro l’Ungheria del conservatore Orban, diventato un riferimento internazionale dell’offensiva anti-LGBT+.

Il 61% delle persone LGBT+ in Italia non fa coming out e il 62% dichiara di aver paura a stringere la mano del/la partner in pubblico. Nel 2022, sono state 165 le vittime riportate di episodi di discriminazione e violenza, in media 1 ogni 2 giorni. In questo contesto, la retorica e le politiche reazionarie delle destre e del governo Meloni accrescono l’insicurezza e le disuguaglianze. Il loro costante discorso d’odio promuove le violenze fisiche, verbali e psicologiche, che sono ancora la quotidianità di molte persone LGBTQIA+ con conseguenze tragiche per la loro salute, fisica e mentale. L’assenza quasi totale di tutele legali contro le discriminazioni di genere apre la porta allo sfruttamento, spingendo un numero sempre crescente di giovani queer nella povertà. 

Non c’è capitalismo senza LGBTQIA+fobia 

L’affossamento del DDL Zan e gli attuali attacchi del governo contro il riconoscimento delle famiglie arcobaleno mostrano la fragilità delle misure giuridiche in difesa dei diritti LGBTQIA+. Il capitalismo è un sistema eteronormativo, radicato sullo sfruttamento e l’oppressione. La famiglia patriarcale è fondamentale nell’assicurare la riproduzione della classe lavoratrice, costringendo le donne a farsi carico gratuitamente dei lavori domestici e di cura.  Le persone LGBTQIA+, rompendo con i ruoli di genere tradizionali, costituiscono una sfida al modello della famiglia nucleare patriarcale fondata sui rapporti eterosessuali. Da qui nasce la violenza e la discriminazione strutturale contro le persone LGBTQIA+ inerente al sistema capitalista, che, per questo motivo, vuole contenere a tutti i costi la minaccia posta da un movimento di liberazione queer combattivo. 

Da un lato, commercializzando e istituzionalizzando il movimento LGBTQIA+, i capitalisti traggono profitto dalla crescita della visibilità queer e diluiscono il contenuto politico delle loro lotte. Elevando un numero ristretto di membri della comunità ai vertici del potere economico e politico, cercano di presentarsi in chiave progressista e di nascondere le loro politiche antisociali dietro una maschera arcobaleno. Ma, dall’altro lato, finanziano l’ascesa delle destre conservatrici e reazionarie che, con l’appoggio delle istituzioni religiose, difendono la famiglia tradizionale e i ruoli di genere stereotipati. Attraverso le discriminazioni di genere, il razzismo e altre forme di oppressione, i capitalisti forniscono un capro espiatorio per i veri problemi sociali che affliggono la classe lavoratrice e svia l’attenzione dai loro responsabili. 

Contro ogni forma di divisione

Gli attacchi contro i diritti delle persone queer non sono dei casi isolati, anzi fanno parte di una controffensiva mondiale della classe dominante contro la pressione crescente sul sistema capitalistico in crisi. L’ondata femminista internazionale, che ha condotto a vittorie importanti per l’autonomia corporea delle donne, dall’Irlanda alla Corea del sud, é particolarmente nel mirino. Dalla crescita delle idee misogine sul web alle restrizioni al diritto all’aborto, il movimento femminista è oggi sotto attacco su vari fronti. Inoltre la radicalizzazione crescente che si riscontra alla base del movimento è ostacolata dalle tendenze borghesi in seno al movimento, che in molti casi preferiscono indebolire il movimento piuttosto che lasciare che si sviluppi intorno a una visione anti-capitalista.

Ciò si riflette in modo evidente nei tentativi di dividere, o addirittura contrapporre, la lotta contro il sessismo alla lotta contro la LGBTQIA+fobia, in particolare con l’assimilazione di quelle stesse idee transfobiche promosse dall’estrema destra. L’idea che i diritti delle persone trans possano costituire un ostacolo ai diritti delle donne cisgender, rappresenta una vera minaccia per la nostra capacità di organizzarci e di ampliare le nostre lotte. Le persone trans e non binarie, che sono sovrarappresentate nelle sezioni più povere e vulnerabili della comunità queer e della classe lavoratrice, sono spesso in prima linea non solo nel movimento per la liberazione queer, come fu già nella rivolta di Stonewall, ma anche nelle lotte per l’autonomia corporea, per l’ambiente e contro la violenza poliziesca e il carovita. 

Da Stonewall al Pride, uniamoci nella lotta!

Pride torino, 2023

La lotta delle persone LGBTQIA+ rimane spesso isolata a causa dei pregiudizi che continuano a dilagare anche in seno alla classe lavoratrice. Ma la storia ci mostra che solo lottando insieme è possibile superare le divisioni sociali imposte dal capitalismo. La comunità LGBTQIA+ ha costruito a più riprese legami di solidarietà con le diverse lotte della classe lavoratrice. Nel 1984, quando migliaia di minatori britannici scioperarono contro la neoliberista Margaret Thatcher, un gruppo di solidarietà composto da persone LGBTQIA+ raccolse denaro per sostenere gli scioperanti. Questa tradizione è oggi ripresa da vari gruppi queer per sostenere le ondate di scioperi che stanno attraversando l’Europa. A Parigi, ad esempio, un fondo di sciopero lanciato dagli attivisti queer ha raccolto più di 50.000 euro per sostenere il movimento contro Macron e la riforma delle pensioni. Un esempio italiano ci viene dal collettivo di fabbrica della GKN di Firenze che, attraverso un approccio unitario e inclusivo, è stato capace di costruire legami di solidarietà importanti con il movimento LGBTQIA+. 

Questi esempi ci mostrano come la classe lavoratrice, in tutta la sua diversità di genere, sia l’unica forza sociale intorno a cui sia possibile costruire l’unità necessaria per portare avanti la lotta contro il capitalismo e tutte le forme di oppressione. È quindi necessario che il movimento operaio conduca una campagna offensiva per porre fine alle discriminazioni LGBTQIA+fobiche e farne una parte integrante della lotta per ottenere posti di lavoro dignitosi, un aumento dei salari e la riduzione dell’orario di lavoro.

Un programma socialista rivoluzionario per la liberazione di tutt*

Per costruire un fronte unito, abbiamo bisogno di un programma chiaro che sottolinei il legame fondamentale tra l’oppressione queer, gli interessi della classe lavoratrice e le molteplici crisi del capitalismo. Il rifinanziamento massiccio dei servizi pubblici, in particolar modo la sanità e l’istruzione, è essenziale per garantire l’accesso alle cure fisiche e mentali, incluse le terapie di affermazione del genere, di cui troppo spesso i membri della comunità queer sono privati. Allo stesso tempo c’è un urgente bisogno di alloggi popolari a prezzo abbordabile, e di rifugi sicuri per permettere a chiunque sia vittima di violenze nell’ambito domestico di uscirne. I soldi per queste e molte altre misure essenziali esistono e nazionalizzando i settori chiave dell’economia sotto il controllo democratico della classe lavoratrice possiamo assicurare che questi non vengano sperperati nei paradisi fiscali o nelle spese militari.  

Queste sono solo alcune delle rivendicazioni che possiamo ottenere se ci organizziamo in modo unitario e inclusivo contro la destra e il sistema da essa difeso. Ricordando che all’interno di questo sistema, queste conquiste rimarranno sempre parziali e la classe dominante coglierà ogni occasione per spazzarle via: nelle parole della rivoluzionaria attivista trans Leslie Feinberg, “nessuno di noi sarà libero finché non costruiremo un sistema economico basato sui bisogni di ogni essere umano”. Solo attraverso una rottura rivoluzionaria con il capitalismo possiamo costruire questo tipo di società. La liberazione della comunità LGBTQIA+ è dunque intrinsecamente legata alla lotta per una società socialista, in cui nessuna classe tragga profitto dall’oppressione e dallo sfruttamento.