Strategie femministe socialiste per lottare contro gli attacchi delle destre

Dichiarazione della campagna ROSA Internazionale (Resistenza contro l’Oppressione, il Sessismo e l’Austerità) per la giornata mondiale per l’aborto sicuro

Avvocati coinvolti prima di trattare gravidanze ectopiche. Pazienti oncologiche a cui viene negato un trattamento salvavita perché sono incinte. Vittime di violenza sessuale alle quali viene negata la pillola del giorno dopo al pronto soccorso. A poche settimane dall’annullamento della sentenza Roe v Wade, la realtà distopica di un divieto di aborto per tutte le donne incinte è diventata realtà negli Stati Uniti. L’impatto mondiale è stato evidente: da un lato tutto il mondo guarda con orrore, dall’altro l’estrema destra freme dal desiderio di imporre simili divieti all’aborto in paesi europei, dell’America Latina e non solo.

La lotta per il controllo del corpo delle donne si sta intensificando in tutto il mondo, con il diritto all’aborto sotto attacco in paesi come la Cina, l’Italia, l’Ungheria e gli Stati Uniti, non solo dal punto di vista legale ma anche nei fatti. Anche nei Paesi in cui l’aborto è legale, l’accesso è spesso limitato tramite clausole legate alla “obiezione di coscienza”, dalla mancanza di finanziamenti alle strutture mediche e da altre strategie di pressione da parte dell’establishment conservatore.

Allo stesso tempo, le mobilitazioni di massa nelle strade hanno permesso di ottenere guadagni reali in termini di accesso all’aborto. Basti pensare alle vittorie in Irlanda, Corea del Sud, Argentina, Messico e Colombia. Mentre il movimento femminista che ha attraversato il mondo negli ultimi 10 anni sta lottando per l’autonomia corporea, una parte delle élite di destra ha fatto della riduzione dell’accesso all’aborto un nodo chiave del proprio programma. Tuttavia, i sondaggi condotti in tutti i paesi interessati indicano che la maggioranza delle persone sono favorevoli all’accesso libero all’aborto. Allora perché questi reazionari sono così intenzionati a polarizzare la questione?

In primo luogo, dobbiamo sottolineare la strabiliante ipocrisia delle destre che si dicono “a favore della vita”. Queste sono le stesse persone responsabili di aver lasciato annegare bambini migranti nel Mediterraneo, della sterilizzazione forzata delle donne uigure, dell’orrenda retorica che prende di mira e mette in pericolo la vita delle persone LGBTQI+, del favoreggiamento di una crisi di alimenti per l’infanzia che ha attanagliato gli Stati Uniti per tutta l’estate. Con le loro azioni, l’establishment di destra ha dimostrato più e più volte che non gli importa se le persone muoiono. I recenti attacchi all’aborto confermano ancora una volta che, come tutti sappiamo, rendere più difficile l’accesso all’aborto non impedisce di farlo, ma mette solo le persone incinte più a rischio.[1]

Qual è dunque la vera ragione di questi attacchi? E come possiamo combatterli con successo? Perché una parte della classe dirigente è così decisa a far regredire il nostro diritto all’autonomia corporea? Questi attacchi devono essere visti nel contesto più ampio delle molteplici crisi del capitalismo a livello globale, che si ripercuotono tutte sulla capacità delle persone di avere una reale libertà nella decisione di avere o meno figli. Una nuova crisi economica globale sta destabilizzando il meccanismo di accumulazione del capitale, e una parte dell’élite è preoccupata di trovare abbastanza manodopera a basso costo. La crisi del costo della vita, che sta colpendo le classi lavoratrici di tutti i continenti, allontana ancora di più dalla scelta di avere figli. Tale scelta risulta decisamente fuori portata per le nuove generazione. La crisi climatica ha indotto lo sfollamento di milioni di persone dalle loro case, creando una nuova crisi dei rifugiati. La guerra e i conflitti stanno costringendo donne e bambini a vivere in condizioni di estrema vulnerabilità, lontano da casa. La crisi dell’assistenza sociale ha raggiunto il punto critico, con i sistemi educativi di molti Paesi al limite del collasso. E la crisi della pandemia da Covid-19 ha già messo in evidenza che i sistemi sanitari sono al limite. A ciò si aggiungono le crisi della violenza di genere, del razzismo sistemico, degli attacchi ai diritti delle persone trans e LGBTQI+ – la lista continua.

La classe dirigente non è interessata o capace di affrontare nessuno di questi fallimenti sistemici. Alcuni di loro possono definirsi femministi o “woke”, ma in realtà non si può fare affidamento su di loro per lottare per una vera autonomia corporea o un vero cambiamento. Possono essere d’accordo con l’accesso per legge, ma non lotteranno mai con noi per il diritto ad un accesso all’aborto reale – sicuro, gratuito e libero.

In fondo è nell’interesse delle élites mantenere lo status quo, o più precisamente proteggere i loro profitti e la loro ricchezza. Minare l’autonomia corporea delle donne ha dei vantaggi per loro. Dal punto di vista economico, prendiamo ad esempio paesi come la Cina, la classe dirigente è preoccupata per il calo dei tassi di natalità che inciderà sulla continuità dell’approvvigionamento di manodopera a basso costo. Dal punto di vista ideologico, la retorica dei “valori tradizionali della famiglia” cerca di costringere ulteriormente le donne al ruolo di badante non retribuita, consentendo di ridurre ancora di più gli investimenti in servizi essenziali come la sanità e l’istruzione e l’erosione delle condizioni di lavoro e dei salari in quei settori.

È chiaro chi siano i beneficiari di questo stato di cose: la disuguaglianza non è mai stata così grande nella storia! I dieci uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato I loro patrimoni, passando da 700 miliardi di dollari a 1,5 trilioni di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo o di 1,3 miliardi di dollari al giorno, durante i primi due anni di una pandemia che ha visto il crollo dei redditi del 99% dell’umanità e oltre 160 milioni di persone in più costrette alla povertà.[2] Il lavoro domestico non retribuito in tutto il mondo vale oggi più di 10.000 miliardi di dollari all’anno ed è in aumento.

Ma l’impatto ideologico di un ritorno ai “valori tradizionali della famiglia” va ben oltre. Questo moralismo bigotto mette in discussione e mina l’autonomia sessuale delle donne e delle persone LGBTQI+, incoraggiando ulteriormente atteggiamenti sessisti e omofobi. La lotta per il diritto all’aborto è parte di una lotta molto più ampia per l’autonomia corporea e l’uguaglianza per tutti, indipendentemente dalla sessualità o dal genere. Qualsiasi controllo sui nostri corpi evidenzia quanto la lotta delle persone trans e delle donne sia legata. Siamo i primi a pagare il prezzo delle politiche e delle ideologie che cercano di costringerci a vivere vite scandite da norme sessuali e di genere rigide e superate, che non corrispondono alle nostre aspirazioni di libertà sul nostro corpo, ma sono usate per minare e persino mettere a tacere le più ampie lotte di trans, LGBTQI+ e donne.

I divieti di aborto non impediscono che gli aborti avvengano. Quello che FANNO è aumentare enormemente lo stress e l’onere finanziario per le persone con gravidanze in crisi. Di fatto, la mancanza di accesso all’assistenza legale per l’aborto porta molte ad affidarsi a opzioni pericolose, anche a rischio di vita.[3] Chi può permetterselo, si reca semplicemente in luoghi l’aborto è legalmente disponibile. Chi non può permetterselo, è costretto a cercare aiuto in altri modi. Le pillole abortive, oggi utilizzate in modo sicuro in tutto il mondo da milioni di donne a casa propria (legalmente o illegalmente)[4] sono state “scoperte” per la prima volta dalle donne nelle favellas dell’America Latina – persone incinte che non potevano permettersi altri mezzi per procurarsi un aborto.

I divieti di aborto hanno effetti distruttivi a scapito dell’assistenza alla maternità in generale e quindi mettono a rischio l’assistenza medica di tutte le persone in gravidanza. Le conseguenze tragiche e mortali di questa situazione possono essere riscontrate in tutti i Paesi in cui vige il divieto di aborto. In Irlanda l’orribile trattamento riservato a Savita Halappanavar, incinta di 17 settimane quando ha abortito e morta di sepsi a causa della mancata volontà di intervenire da parte della struttura medica, ha dato vita a un movimento di massa nelle strade per rovesciare il divieto all’aborto. La sua storia ha avuto una forte risonanza tra la gente perché rifletteva la paura di tutte le donne incinte in Irlanda di non essere ascoltate e di non veder rispettato il proprio corpo nelle strutture mediche. Queste sono troppo impegnate ad evitare ripercussioni legati per ascoltare davvero i pazienti incinte e dare valore alle loro vite piuttosto che alle preoccupazioni legali.

I divieti di aborto sono pericolosi per le persone che possono rimanere incinte e hanno un impatto sproporzionato su chi è più sfruttato e oppresso. Come possiamo opporci a questi divieti e costruire un movimento che raggiunga la libertà, la sicurezza e la legalità, che realizzi un aborto libero, sicuro e legale, accessibile a tutti coloro che ne hanno bisogno?

Le mobilitazioni di massa nelle strade a cui abbiamo assistito in paesi come l’Irlanda, la Corea del Sud, l’Argentina e il Messico ci danno un punto di partenza. In tutti questi Paesi sono state ottenute vittorie per quanto riguarda l’accesso all’aborto e sono state ottenute prima di tutto grazie a un movimento di base che ha spinto la questione nell’agenda politica attraverso mobilitazioni di piazza, esercitando una pressione incessante sull’establishment politico per costringerla ad agire. Ognuno di questi movimenti ha tratto ispirazione e si è rifatto al modello di ciò che stava accadendo in altri paesi: oggi più che mai la lotta per l’autonomia corporea è internazionale.

In Irlanda, Rosa e il Partito socialista hanno svolto un ruolo molto attivo nel movimento per l’abrogazione del divieto costituzionale all’aborto e hanno preso iniziative fondamentali per ottenere l’aborto su richiesta fino a 12 settimane nel sistema sanitario pubblico. Questo risultato è stato ottenuto basandoci sul crescente sentimento a favore della libera scelta in tutta la classe operaia, piuttosto che sulle deboli dichiarazioni “pro-abrogazione” di esponenti dell’establishment liberale, che ci avevano promesso la riforma del diritto alla salute e l’abrogazione del divieto all’aborto “nei prossimi 20 anni”!

Abbiamo contribuito a costruire un movimento che ha attivato l’ampio sostegno nelle strade in manifestazioni di massa, giornate di azione, petizioni, bancarelle, sfruttando ogni opportunità per aumentare la pressione politica. Con un ampio sostegno, Rosa ha pubblicamente sfidato il divieto costituzionale, organizzando bus per condurre chi di bisogno a ricevere aborti dove possibile e distribuendo pillole abortive attraverso canali sicuri. Ciò ha reso l’uso della pillola abortiva, alla quale migliaia di donne fanno ricorso ogni anno, un fatto pubblicamente noto. Così abbiamo forzato la mano all’establishment. Qualsiasi legislazione avrebbe dovuto tenere conto di questa realtà e consentire l’aborto libero, sicuro e legale su richiesta fino ad almeno 12 settimane.

Tuttavia, i recenti attacchi all’accesso all’aborto hanno un impatto anche a livello globale. In particolare, la sconfitta della Roe v Wade negli Stati Uniti è stata seguita in tutto il mondo e ha già rafforzato l’estrema destra in paesi come l’Italia e l’Ungheria.

La sconfitta della Roe v Wade non è stata un colpo di fulmine, bensì un attacco deliberato e altamente motivato perseguito da una parte significativa del Partito Repubblicano. L’aver ridotto l’accesso all’aborto e le condizioni legale di accesso all’aborto per anni, ha gettato le basi per questa sconfitta. Altrettanto significativa è la totale mancanza di risposta di risposta da parte del resto dell’establishment: i Democratici hanno promesso di trasporre in legge Roe v Wade per 40 anni, ma non hanno mai fatto nulla a riguardo. Le ONG e le organizzazioni per la pianificazione familiare legate al Partito Democratico non hanno imparato la lezione da altri paesi, dove è stato dimostrato che il diritto all’aborto può essere difeso/conquistato solo attraverso l’organizzazione attiva dal basso. Esse hanno invece continuato a mettere il loro destino nelle mani dello stesso partito che ha dimostrato di non essere disposto a lottare su questo tema per 40 anni! Il risultato è stato che quando la Roe vs Wade è finita sotto attacco la “leadership” democratica si è ritrovata senza un programma o una strategia chiara e paralizzata dalla mancanza di azione. Questo è risultato dolorosamente chiaro. Il giorno in cui la Roe vs Wade è stata abrogata, è Alternativa Socialista Internazionale a guidare l’organizzazione di proteste di massa in molte città, al fine di trasformare la rabbia palpabile di così tante persone in un’occasione di incontro.

Nonostante questa mancanza di leadership, l’accesso all’aborto continua a essere un’enorme questione politica negli Stati Uniti, al punto da aver completamente ridimensionato i termini delle imminenti elezioni di metà mandato. I sondaggi indicano che il sostegno all’accesso all’aborto è aumentato in tutti gli Stati Uniti dopo la sentenza della Corte Suprema. Le donne si stanno registrando per il voto a un ritmo incredibile. In stati come l’Arizona e la Pennsylvania, i candidati repubblicani hanno già dovuto fare marcia indietro rispetto alle loro posizioni anti abortiste sotto la pressione dell’elettorato – le elezioni sono di fatto da inquadrare come un primo terreno di battaglia per respingere l’agenda contro la libera scelta.

Ma questo non sarà sufficiente per ottenere una vera vittoria. Per respingere in modo decisivo l’agenda della destra, dobbiamo organizzare e riunire le comunità operaie e galvanizzare la rabbia in un movimento con una strategia e un programma chiari.

La vittoria a Seattle ottenuta da Kshama Sawant, membro di Alternativa Socialista, che è stata eletta membro del consiglio comunale è un eccellente esempio del tipo di strategia di cui abbiamo bisogno. La nostra campagna ha fatto di Seattle la prima città santuario dell’aborto nel paese – una vittoria importante di per sé e per la sua tempistica, che dimostra come la sconfitta della Roe v Wade non è la fine. Ma che anzi può essere l’inizio di una lotta che cresce fino a diventare un movimento significativo in tutti gli Stati Uniti, con un sostegno maggioritario da parte della gente comune.

Alternativa Socialista ha ottenuto questa vittoria costruendo una pressione dal basso, mobilitando la classe operaia di Seattle e utilizzando il nostro ufficio pubblico per rappresentare questa pressione nel modo più efficace possibile a livello istituzionale. La petizione firmate da elettori, l’organizzazione di interventi alle riunioni del consiglio e una proposta chiara su ciò che è necessario per un’azione efficace, hanno costituito basi per imporre Seattle come una reale città rifugio per l’aborto (compresa la sfida ai mandati di arresto). La nostra azione ha portato a un voto in cui i Democratici locali hanno ritenuto di non avere altra scelta se non quella di sostenere l’iniziativa.

Questo è un esempio del tipo di strategia di cui abbiamo bisogno. Una strategia che si basa sul potere reale di un movimento di massa attivo nelle strade e nelle comunità, disposto a sfidare i divieti di aborto perché il sostegno attivo per tale sfida. Un movimento che pretende – non chiede – senza illusioni che i politici antepongano la salute delle donne incinte ai vaneggiamenti ideologici dell’estrema destra. Un movimento radicato nell’azione e nella rappresentanza indipendente della classe operaia.

Un movimento di questo tipo basa il suo programma su ciò che è necessario per migliorare concretamente la scelta riproduttiva per la classe operaia. Aborto libero, sicuro e legale, sì, ma anche assistenza sanitaria gratuita, includendo anche cure di genere accessibili, l’assistenza all’infanzia gratuita e la sicurezza economica e abitativa. Se si considera in questo contesto più ampio, il tipo di misure che sono necessarie per raggiungere l’autonomia corporea in modo reale, diventa chiaro che è inutile sperare che i politici dell’establishment si battano per noi.

Questo programma può essere realizzato solo sfidando lo status quo, lottando per una politica economica che anteponga i bisogni delle persone ai profitti di pochi. Ciò significa lottare per il controllo e il possesso delle risorse collettive e per una sanità non a scopo di lucro, ma democraticamente controllata e gestita dalle comunità che ne usufruiscono. Non bolle immobiliari speculative che riempiono le tasche dei grandi capitali edilizi, ma alloggi pubblici con controllo degli affitti e sicurezza della proprietà.

Significa costruire un movimento che riunisca TUTTI coloro che trarrebbero beneficio da tutte queste misure – la stragrande maggioranza di noi, la classe operaia in tutte le sue varietà. Solo così saremmo abbastanza forti da sfidare un sistema capitalistico che passa da una crisi all’altra, cercando sempre di farcene pagare il prezzo di queste crisi. Il capitalismo come sistema ha fallito nel darci le sicurezze di base, nel provvedere ai nostri bisogni e alle nostre aspirazioni fondamentali, persino di darci il controllo sul nostro corpo. La nostra lotta per l’autonomia corporea deve anche evidenziare chiaramente la colpevolezza del sistema – la nostra lotta è una lotta anticapitalista. Le enormi risorse a livello globale che attualmente vengono accaparrate da una minuscola cerchia di profittatori privati sono più che sufficienti per affrontare i molti problemi che questo sistema ci ha lasciato. Ma tali risorse potranno essere messe a frutto solo se trasportate verso un regime di proprietà democratica e pubblica. Una società socialista si basa sull’idea che “da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo I propri bisogni” – solidarietà, spirito umano e rispetto per ognuno di noi. Questa è la base per una società in cui l’autonomia corporea può essere veramente raggiunta. Se volete aiutarci a costruire questa alternativa socialista, unitevi a noi!

Il 28 settembre ricorre la Giornata internazionale dell’aborto sicuro. È evidente che dobbiamo trasformare questa ricorrenza in una giornata di proteste internazionali, chiedendo che il nostro diritto all’autonomia corporea sia rispettato ovunque nel mondo. I membri di Rosa e ASI organizzano e prendono parte a proteste locali in tutto il mondo: venite con noi.

[1] Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno nel mondo si verificano circa settantatré milioni di aborti. Ciò si traduce in circa trentanove aborti ogni mille donne a livello globale, un tasso che è rimasto più o meno lo stesso dal 1990. In particolare, i tassi si sono differenziati tra i Paesi con meno restrizioni e quelli con più restrizioni: Tra il 1990-94 e il 2015-19, il tasso medio di aborti nei Paesi in cui l’aborto è generalmente legale (esclusi Cina e India) è diminuito del 43%. Al contrario, nei Paesi con gravi restrizioni all’aborto, il tasso medio di abortività è aumentato di circa il 12%. https://www.cfr.org/article/abortion-law-global-comparisons.
[2] Comunicato Oxfam: “Inequality Kills”, 17 Gennaio 2022.
[3] Quasi il 90% degli aborti nei Paesi con leggi liberali sull’aborto sono considerati sicuri, rispetto ad appena il 25% degli aborti nei Paesi in cui l’aborto è vietato. Secondo l’OMS, circa il 5-13% dei decessi materni nel mondo sono dovuti a complicazioni di aborti non sicuri, la maggior parte dei quali avviene in paesi soggetti a dinamiche di controllo neocoloniali.
[4] Per accesso sicuro a delle pilolle antiabortive si veda: https://aidaccess.org/en/ o https://www.womenonweb.org/en.

Seguici su Instagram e mandaci un DM