Il 25 aprile del 1945 segna la liberazione del territorio italiano dall’occupazione nazista e la fine di un ventennio di barbarie fascista. Questa realtà storica è oggi minacciata dal revisionismo delle forze di destra al governo, in particolare Lega e Fratelli d’Italia. La mozione presentata in parlamento dai partiti di maggioranza, volta a convertire la giornata della liberazione dal nazifascismo in una giornata di “riconciliazione” contro “tutti i totalitarismi”, rappresenta una profonda minaccia alla memoria storica della resistenza antifascista italiana. È un insidioso tentativo di cancellare i valori e le aspirazioni rivoluzionarie di migliaia di giovani, lavoratori e lavoratrici che hanno dato la vita alla lotta contro il fascismo e per un futuro libero dall’oppressione e dalla miseria. Ancora una volta ci viene dimostrato che il vero errore dei partigiani fu aver abbandonato le armi dopo il 25 Aprile invece di continuare la lotta per il rovesciamento del capitalismo.
Una rivoluzione tradita
La maggioranza dei partigiani infatti erano socialisti e comunisti, intenzionati a portare avanti la lotta contro la borghesia italiana, complice e benefattrice di tutta la barbarie del regime fascista. Tuttavia il PCI stalinista, sotto la direzione di Palmiro Togliatti, era di tutt’altro parere. Utilizzando la scusa dell’occupazione alleata, scelse di portare avanti una politica opportunista che vide come primo passo il disarmo dei partigiani, al fine di evitare lo sviluppo di un insurrezione armata. Questo avvenne in accordo con gli ordini di Stalin che, nel rispetto degli accordi presi con l’imperialismo inglese e statunitense, voleva evitare con ogni mezzo che la resistenza antifascista sfociasse in una rivoluzione socialista.
Infatti alla fine della guerra le condizioni per un’insurrezione di massa erano mature, con un numero crescente di operai intenti a prendere il controllo delle fabbriche e di contadini in lotta per rivendicare la fine del latifondismo e la redistribuzione delle terre. Il tradimento del PCI, in collaborazione con le forze della borghesia, fece sì che le fabbriche tornassero nelle mani degli industriali, le terre nelle mani dei latifondisti e dei mafiosi e le armi nelle mani dello Stato borghese. I partigiani socialisti e comunisti che non si piegarono alla politica dell’unità nazionale, cioè la collaborazione con le forze borghesi “democratiche” sostenute dall’occupazione militare alleata, furono accusati dal PCI di essere dei fascisti e in alcuni casi assassinati dagli agenti dello stalinismo.
Il mito della “Repubblica nata dalla Resistenza”
La realtà è che con la caduta di Hitler e Mussolini, il fascismo non fu completamente sconfitto. Fu una vittoria storica della classe lavoratrice, ma parziale. In tanti paesi il fascismo perdurò ben oltre la seconda guerra mondiale, come in Spagna o in Portogallo. Anche in Italia però la ‘Repubblica nata dalla Resistenza’ non è mai stata davvero antifascista poiché servì a permettere la continuazione di quel sistema economico e sociale responsabile per l’ascesa al potere del fascismo. Dopo la guerra i criminali fascisti non subirono nessuna epurazione e, dopo l’amnistia di Togliatti del 1946, furono reinseriti negli apparati dello Stato italiano, in primis nella polizia, nei servizi di sicurezza e nella magistratura. Lo Stato borghese, anche se si mise una maschera ‘democratica’, rimase un espressione della dittatura dei capitalisti e si dovette basare sui resti dell’apparato di stato e del movimento fascista per consolidarsi e difendere il proprio sistema.
Infatti dopo l’amnistia Togliattiana le carceri si svuotarono dei criminali fascisti e si riempirono di partigiani e di antifascisti che volevano continuare la lotta rivoluzionaria. Lo Stato repubblicano continuò a reprimere brutalmente le masse operaie e contadine, spesso per mano di quegli stessi ufficiali e burocrati che l’avevano portata avanti durante la dittatura fascista. Negli anni di piombo gli apparati di Stato, scossi da un decennio di sollevamenti popolari, arrivarono fino ad utilizzare i terroristi neofascisti per compiere stragi volte a terrorizzare la popolazione, da piazza Fontana fino a alla stazione di Bologna. L’antifascismo delle istituzioni borghesi è quindi un antifascismo di facciata e i principi democratici e sociali della Costituzione antifascista non furono mai applicati. È quindi inutile inneggiare ai valori di una Costituzione che sono unicamente rimasti su carta e in cui gli elementi più progressisti sono stati gradualmente svuotati di contenuto dai governi tanto di destra quanto di centro-sinistra.
Oggi più che mai antifascismo è anticapitalismo
Da decenni il carattere conflittuale, rivoluzionario e di classe della Resistenza, viene rimosso dalla retorica delle istituzioni e dalla storia ufficiale della “democrazia” italiana. La natura rivoluzionaria e anticapitalista della lotta partigiana è omessa, per fare posto ad una vuota retorica di unità nazionale. È per questo che persino il valore dell’antifascismo è oggi minacciato dal governo d’estrema desta di Giorgia Meloni, il cui partito è discendente diretto del Movimento Sociale Italiano. Inoltre questa offensiva ideologica trova riparo nelle istituzioni della borghesia italiana ed europea. I parlamentari di destra hanno infatti potuto fare riferimento direttamente alla mozione passata dal parlamento europeo nel 2019 che equipara nazismo, fascismo e comunismo come forme di totalitarismo. Questo rappresenta un pericoloso precedente che, nascondendo la natura di classe dei regimi dittatoriali, apre la porta al revisionismo storico e alla demonizzazione della storia del movimento operaio internazionale. Questo, nonostante abbia visto le sue aspirazioni rivoluzionarie tradite dalla sua direzione stalinista e riformista, fu di fatti il motore centrale dietro la sconfitta del nazifascismo e continua ad essere l’unico vero argine alla deriva autoritaria del capitalismo.
Il fascismo fu un’arma del grande capitale italiano e internazionale per distruggere il movimento operaio e socialista. Grazie alla dittatura fascista la borghesia scongiurò il pericolo di una rivoluzione socialista e realizzò enormi profitti attraverso lo sfruttamento, l’oppressione e l’espansione coloniale più brutale. Il fascismo è un prodotto della crisi del capitalismo, e non può essere sconfitto definitivamente senza distruggere il sistema sociale ed economico che lo crea. L’ascesa al potere dell’estrema destra in Italia e nel mondo mostra come la lotta per i nostri diritti democratici e contro la reazione borghese siano oggi più attuali che mai. I nuovi partigiani sono coloro che si battono per i diritti dei lavoratori, delle donne, delle persone LGBTQIA+ e dei migranti, contro un sistema economico e politico volto a difendere i profitti di una classe dominante responsabile della devastazione ambientale, delle guerre e della miseria crescente della classe lavoratrice. Solo la lotta per un socialismo democratico ed ecologico può veramente adempiere a quelle aspirazioni liberatrici che furono al cuore della Resistenza.